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La rivoluzione della jupe-culotte: quando la moda liberò le donne.

  • Immagine del redattore: Stefania Montanino
    Stefania Montanino
  • 17 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 27 apr

Quando pensiamo alla moda italiana, ci vengono subito in mente le passerelle di Milano o l'eleganza romana. Eppure, pochi sanno che la moda italiana è nata a Torino, in un momento preciso e quasi cinematografico: il 31 marzo 1911.

In quei giorni, il capoluogo piemontese ospitava la prestigiosa Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro, e fu proprio tra le vie del centro città che accadde qualcosa di rivoluzionario.

Una donna torinese, coraggiosa e al passo con i tempi, si presentò in pubblico indossando un paio di jupe-culottes, ovvero pantaloni femminili dall’aspetto simile a una gonna, ideati dal celebre stilista parigino Paul Poiret.

La reazione? Uno scandalo!

La vista di una donna in pantaloni fu considerata così sfacciata da provocare un clamore incredibile tra i passanti di piazza Carlo Felice. Per sfuggire alla folla curiosa e indignata, la signora fu costretta a rifugiarsi in una profumeria e, solo diverse ore dopo, riuscì a uscire dal retro, lontana da occhi indiscreti.

Ma quell'episodio non fu solo una curiosità da cronaca. Rappresentò l’inizio di una nuova era per la moda femminile: un primo passo verso l’emancipazione e la libertà di espressione anche attraverso l’abbigliamento.

L’Esposizione del 1911 fu anche la prima occasione in cui, grazie al lussuoso Padiglione dedicato alla Moda, si iniziò a parlare seriamente di una moda italiana: elegante, innovativa, capace di ispirarsi all’estetica parigina ma con un’identità tutta sua.

Torino, in quegli anni, si affermò come capitale della moda, seconda solo a Parigi, dando vita a tradizioni che avrebbero poi influenzato l’intero mondo del fashion.

Oggi, più di cento anni dopo, quel gesto audace di una donna anonima continua a parlarci: di coraggio, di rivoluzione e di quanto la moda non sia mai solo questione di stoffe, ma un linguaggio potente di cambiamento sociale.


L'attrice olandese Sophie de Vries-de Boer mentre indossa una jupe-culotte nel 1911- (Wikipedia)
L'attrice olandese Sophie de Vries-de Boer mentre indossa una jupe-culotte nel 1911- (Wikipedia)

Pensandoci bene, noi donne dobbiamo davvero ringraziare Paul Poiret.

Con la sua invenzione della jupe-culotte e il coraggio di sfidare le convenzioni del suo tempo, ha aperto la strada a una moda più libera, più comoda e profondamente emancipata.

Non si trattava solo di abiti: era un nuovo modo di essere donne, più indipendenti, più sicure di sé e pronte a conquistare nuovi spazi anche attraverso ciò che indossavano.

Oggi, ogni volta che possiamo scegliere un capo pratico senza rinunciare all'eleganza, stiamo, in qualche modo, rendendo omaggio alla sua visione rivoluzionaria.


Una donna che indossa il nuovo stile dei "pantaloni harem" o della "gonna harem" del 1911.  Caricatura di Bert Green per la rivista Puck il 29 marzo 1911. (Wikimedia Commons)
Una donna che indossa il nuovo stile dei "pantaloni harem" o della "gonna harem" del 1911. Caricatura di Bert Green per la rivista Puck il 29 marzo 1911. (Wikimedia Commons)


Nel 1911, lo stilista francese Paul Poiret presentò al mondo la jupe-culotte, un capo destinato a rivoluzionare la moda femminile. A metà tra una gonna e un pantalone, la jupe-culotte era caratterizzata da ampie gambe che si stringevano alle caviglie, ispirandosi ai pantaloni harem dell'abbigliamento orientale.

Poiret, famoso per il suo stile influenzato dall'Oriente, aveva un obiettivo preciso: liberare le donne dalle costrizioni del corsetto, offrendo capi che unissero eleganza, comfort e libertà di movimento.

L'introduzione della jupe-culotte non passò certo inosservata. Se da un lato molte donne accolsero con entusiasmo questa innovazione, vedendola come un simbolo di emancipazione, dall'altro non mancarono le polemiche. In città come Madrid e Londra, le autorità furono persino costrette a intervenire per proteggere chi osava indossare questo capo, bersaglio di scherni e critiche feroci.

Eppure, nonostante le resistenze iniziali, la jupe-culotte segnò un punto di svolta.

Elsa Schiaparelli: quando lo stile sfida le regole.

Nel 1931, Elsa Schiaparelli lanciò una versione sportiva della jupe-culotte, realizzando un completo innovativo per la tennista spagnola Lili de Álvarez, che lo sfoggiò nientemeno che a Wimbledon. Questa gonna divisa, che garantiva una libertà di movimento inedita per l’epoca, fece parecchio scalpore: molti la considerarono troppo audace per un contesto così tradizionale. Eppure, dietro a quella scelta di stile si nascondeva un gesto rivoluzionario: un primo grande passo verso l’emancipazione femminile anche nello sport.

Ma Schiaparelli non si fermò lì. Continuò a giocare con le forme e i volumi, sperimentando le culottes anche negli abiti da giorno e da sera, mescolando praticità e arte in un modo assolutamente innovativo per il tempo. La sua moda non era solo estetica: era un atto di libertà creativa e di sfida alle convenzioni.


La tennista Lilí Álvarez (Wikimedia Commons)
La tennista Lilí Álvarez (Wikimedia Commons)

Norman Norell: la culotte si fa chic

Negli anni ’60, un altro grande nome, Norman Norell, riportò le culottes sotto i riflettori della moda femminile. Norell, stilista americano amato per la sua eleganza senza tempo, inserì le culottes nei suoi tailleur e nei suoi abiti da sera. Nel 1960, presentò uno dei suoi modelli più audaci: un completo da giorno in flanella di lana con culottes, a cui seguirono raffinati abiti da sera decorati con ricami preziosi.

Sicuro del valore di questo capo versatile, Norell arrivò perfino a offrire gratuitamente il suo modello ad altre case di moda, contribuendo a rendere le culottes un elemento chiave del prêt-à-porter femminile.

Quando Norman Norell ripropose le culottes, nel 1960, il mondo della moda fu travolto da un vero e proprio clamore. Si accesero dibattiti sulla loro decenza, mentre le celebrità dell’epoca venivano immortalate con entusiasmo mentre le indossavano, elogiandone pubblicamente la straordinaria comodità.

Siamo negli anni ’60, un’epoca in cui i pantaloni non erano ancora considerati un capo da donna e in cui scoprire le ginocchia era ancora una provocazione.

La minigonna, infatti, non era stata ancora inventata.


Oggi, la jupe-culotte è riconosciuta come una precursora dei pantaloni femminili moderni, simbolo di una moda che non si limita a vestire, ma racconta i cambiamenti sociali e culturali di un'epoca. Un capo che ancora oggi, oltre un secolo dopo, rappresenta la libertà, l'innovazione e il coraggio di cambiare le regole.


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