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Sartoria e moda sostenibile

  • Immagine del redattore: Stefania Montanino
    Stefania Montanino
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 6 min

Negli ultimi anni la moda sostenibile è diventata molto più di una semplice tendenza: è un movimento culturale che sta ridefinendo il modo in cui pensiamo, produciamo e indossiamo i vestiti. In un’epoca segnata dal predominio della fast fashion, fatta di consumi rapidi, produzioni massicce e sprechi ambientali, cresce il bisogno di un ritorno alla consapevolezza, alla qualità e alla durata. La moda sostenibile non riguarda solo l’uso di materiali ecologici o riciclati, ma un vero cambio di prospettiva: significa interrogarsi sull’impatto delle nostre scelte, sul valore del lavoro artigianale, sull’etica dietro ogni capo d’abbigliamento.

Parlare di sostenibilità nella moda vuol dire parlare di responsabilità, ma anche di creatività e libertà. È riscoprire la bellezza del tempo, della cura e della personalizzazione.


Kate Fletcher – la pioniera inglese che ha rivoluzionato il pensiero sulla moda sostenibile
Kate Fletcher – la pioniera inglese che ha rivoluzionato il pensiero sulla moda sostenibile

In questo contesto si inserisce il pensiero di Kate Fletcher, una delle voci più autorevoli nel panorama internazionale, che ha trasformato la riflessione sulla moda in una riflessione sulla vita stessa. Il suo lavoro ci invita a guardare oltre le passerelle, per riscoprire il valore umano e culturale del vestire. Nel suo approccio, la sostenibilità non è un traguardo ma un processo complesso, che attraversa tre dimensioni fondamentali: quella tecnica, che riguarda materiali, processi produttivi e innovazioni per ridurre l’impatto ambientale; quella politica, che tocca i diritti dei lavoratori, le dinamiche economiche globali e il valore sociale delle scelte aziendali; e infine quella estetica, il livello più profondo e simbolico, che influenza i desideri e i comportamenti dei consumatori.


È in questa terza sfera che la moda può diventare un linguaggio capace di trasformare la cultura del consumo e ridefinire il significato stesso del bello e del desiderabile.

Fletcher propone una visione della moda come ecosistema vivente, un intreccio di relazioni tra persone, abiti e ambiente. La moda sostenibile, secondo lei, non è soltanto una questione di materiali o tecniche produttive, ma un vero e proprio cambio di paradigma: un modo diverso di pensare, creare e usare i vestiti. Da qui nascono concetti come lo slow fashion, il design post-crescita o l’arte dell’uso, che invitano a spostare l’attenzione dal consumo all’esperienza, dalla produzione alla cura.

In questa prospettiva, l’abito non è più un oggetto effimero da sostituire, ma un compagno di viaggio che racconta storie, ricordi e relazioni.

L’idea di abiti che connettono si contrappone alla logica della moda veloce, quella che divora se stessa rincorrendo la novità e il profitto. Allo stesso modo, l’arte dell’uso insegna a valorizzare ciò che già possediamo, a riparare, modificare e reinventare i capi come atto creativo e politico.

Progetti come Updatable (aggiornabile) o No Wash sperimentano nuove forme di sostenibilità quotidiana, invitando le persone a diventare protagoniste attive del cambiamento.


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Avviato dalla stilista Stella McCartney e reso popolare dalla piattaforma TikTok, il movimento No Wash, forse un po' estremo, mira a risparmiare denaro e pianeta. Gli oltre 15 milioni di utenti su TikTok confermano come il movimento abbia recentemente guadagnato grande popolarità. A lanciarlo è stata la stilista britannica Stella McCartney, che ha dichiarato al quotidiano The Observer: "Fondamentalmente, nella vita, la regola dev'essere che se non devi assolutamente lavare qualcosa, è meglio non farlo".


Un altro concetto centrale del pensiero di Fletcher è quello della durata.

La vera obsolescenza non è nei materiali, ma nella mente e nel cuore dei consumatori, abituati a desiderare sempre il nuovo.

La sfida sta nel ricostruire un rapporto più profondo con ciò che indossiamo, riconoscendo valore anche al tempo e all’uso. In questo senso, la moda lenta non è semplicemente “più lenta” nei ritmi di produzione, ma più consapevole e rispettosa dei ritmi naturali e umani.

Infine, la studiosa propone un ritorno al localismo, un’etica della moda radicata nei territori e nelle comunità. Riprendendo l’Etica della terra di Aldo Leopold, sottolinea la necessità di un’economia del vestire che rispetti i luoghi, le risorse e le persone che li abitano.

La moda può così diventare un atto di responsabilità collettiva, un modo per prendersi cura del pianeta attraverso le proprie scelte quotidiane.

Fletcher, cresciuta nella Liverpool degli anni Ottanta, un contesto di precarietà ma anche di forte solidarietà, vede nella lentezza e nella cooperazione non un limite, ma una forza rivoluzionaria. Per lei, mettere in discussione la velocità della moda e la logica finanziaria che la sostiene significa aprire la strada a una cultura più giusta, creativa e sostenibile. La vera sfida, conclude, è avere il coraggio di ripensare la moda non come strumento di consumo, ma come pratica di vita consapevole e condivisa.


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È in questo nuovo orizzonte della moda sostenibile che ritrova spazio la figura della sarta. Una presenza silenziosa ma rivoluzionaria, che con ago e filo ricuce il legame tra noi e ciò che indossiamo. La sarta non si limita a creare: insegna a valorizzare, a osservare il proprio guardaroba con occhi diversi, a dare nuova vita a ciò che già possediamo.

Guardare indietro, in questo caso, significa guardare avanti. La cultura della sartoria è un gesto di riflessione, un modo per rallentare e tornare a scegliere con consapevolezza.

È l’opposto della moda usa e getta: qui si apprezza la qualità del tessuto, il comfort sulla pelle, la storia che ogni stoffa racconta, magari un tessuto ritrovato nel cassetto della nonna, che torna a respirare grazie a mani sapienti.


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I tessuti usati in sartoria sono diversi, più pregiati, pensati per durare nel tempo. Hanno una caduta naturale che accompagna il corpo con eleganza e restituisce subito la sensazione di qualcosa di autentico. Anche il capo più semplice, quando nasce da una mano esperta, rivela la differenza: le rifiniture sartoriali, invisibili a chi guarda distrattamente, raccontano invece cura, competenza e amore per il dettaglio.

È in quella precisione, discreta ma inconfondibile, che la vera bellezza prende forma.

È una moda intima, riflessiva, che invita a riscoprire anche un po’ di sé stesse. Perché le donne meritano di sentire sulla pelle qualcosa di autentico, che non faccia scintille a ogni movimento, ma che avvolga con delicatezza e racconti una bellezza sincera, fatta di cura, tempo e amore per ciò che dura.

Da questa stessa visione nasce anche la nostra sezione ReLoved, che incarna pienamente la filosofia della moda sostenibile.

ReLoved significa letteralmente “amato di nuovo” e rappresenta un progetto che dà una seconda vita ai tessuti e agli abiti già esistenti.

Nella nostra sartoria trasformiamo stoffe dimenticate, abiti mai indossati o capi carichi di memoria in creazioni nuove e uniche, rispettando il valore affettivo e materiale di ciò che c’era prima.

Ogni pezzo ReLoved è un atto d’amore verso la terra e verso la propria storia personale: è la dimostrazione che la vera eleganza non nasce dal consumo, ma dalla cura, dal recupero e dal desiderio di far durare la bellezza nel tempo.


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Bibliografia:

  • Fletcher, K. (2018). Moda, design e sostenibilità. A cura di A. Castiglioni e G. Romano. Milano: Johan & Levi Editore.

  • Fletcher, K. & Tham, M. (2019). Earth Logic: Fashion Action Research Plan. London: The J.J. Charitable Trust.

  • Fletcher, K. (2014). Sustainable Fashion and Textiles: Design Journeys (2ª ed.). London: Routledge.

    Leopold, A. (2010). Etica della Terra. Milano: Piano B Edizioni.

  • Black, S. (2013). The Sustainable Fashion Handbook. London: Thames & Hudson.

  • Niinimäki, K. (ed.) (2018). Sustainable Fashion in a Circular Economy. Helsinki: Aalto University Publication Series.

  • Bourriaud, N. (2016). L’exforme. Milano: Postmedia Books.

  • Eliasson, O. (2017). Green Light: An Artistic Workshop. New York: Studio Olafur Eliasson.

  • Cucinelli, B. (2021). Il sogno di Solomeo. La mia vita e l’idea del capitalismo umanistico. Milano: Feltrinelli.

  • Vogue Italia (2023). La nuova era della moda sostenibile: tra slow fashion e artigianato consapevole. Vogue.it, 12 marzo 2023.

  • The Guardian (2022). How Slow Fashion Is Redefining Luxury and Sustainability in the Post-Fast Fashion Era. The Guardian, 5 ottobre 2022.



📚 Se vuoi approfondire…

Scoprire la moda sostenibile significa anche esplorare nuovi punti di vista su creatività, responsabilità e bellezza consapevole. Ecco alcune letture che ti accompagneranno in questo viaggio:

  • Kate Fletcher – Craft of Use (Routledge, 2016)Un testo fondamentale per comprendere la filosofia dell’“arte dell’uso” e il valore emotivo dei vestiti che scegliamo di indossare e custodire nel tempo.

  • Orsola de Castro – Loved Clothes Last (Penguin, 2021)La fondatrice di Fashion Revolution ci guida alla scoperta di un modo più etico e umano di vivere la moda, tra storie di riparazioni, memorie e seconde possibilità.

  • Brunello Cucinelli – Il sogno di Solomeo (Feltrinelli, 2021)L’imprenditore umanista che ha fatto della bellezza, della lentezza e del rispetto dei luoghi una vera filosofia di vita.


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